Da un po’ di tempo apro i nostri percorsi formativi, invece che con il classico, trito e ritrito giro di tavola, con questa piccolissima domanda: scrivetemi su un foglio le tre caratteristiche che  voi trovate nei vostri colleghi più bravi e che sentite di non possedere.

Le faccio scrivere per evitare che l’un con l’altro si influenzino con le stesse idee, e dopo le commento con loro, in  modo da avere una direzione ed un solco preciso dove camminare durante le ore d’aula.

Non mi stupisce più che la maggioranza dei partecipanti identifichi nei colleghi quale indicatore di bravura l’essere spigliati, il non essere timidi, l’essere sempre in sintonia con il cliente e il riuscire a non abbattersi dopo una serie di “no” .

Insomma non si guarda alla preparazione tecnica di prodotto come indicatore di bravura, ma alla capacità empatica di comunicare con il cliente, di capire le sue sfumature e di soddisfarlo con reciproca funzionalità.

Quando questi dati cominciavano a riempire le mie statistiche, per prima cosa mi sono chiesto perchè.

Per quale motivo abbiamo smesso di pensare che il venditore più bravo era quello che conosceva meglio il prodotto e la sua tecnica e abbiamo cominciato a razionalizzare che il più bravo è colui che comunica meglio con che si trova davanti?

La domanda è tanto semplice quanto significativa di un certo modo di fare il venditore: i dati tecnici e le caratteristiche di prodotto si possono imparare , anzi vengono percepiti come dati “facili” da imparare, mentre le tecniche di comunicazione sono nebulose, vaghe, di metodologia stregonesca e di risultato imponderabile, tanto “..se quelle cose lì non ce le hai dentro, se sei timido poi non serve a niente..”

Succede allora che non si investe su “quella roba lì di dire la parola così,ascoltare la parola cosà, guardare le mani di sù e lo sguardo di giù” si continuano a studiare manuali e slide di prodotto e si invidia il nostro collega venditore, così bravo, accidenti, spigliato, parlare con le persone per lui è così facile.

Infatti, quale è il paradigma per definizione sui venditori? chi di noi non ha detto o sentito dire almeno una volta “Tizio è così spigliato, simpatico, accidenti, dovrebbe fare il venditore, saprebbe vendere il ghiaccio agli eschimesi”

Vi stupirebbe sapere quante volte invece nei nostri corsi ho trovato che proprio la persona più spigliata e più esuberante caratterialmente era la meno adatta al lavoro da venditore, mentre personalità timide e un po’ chiuse riuscivano meglio e con clienti dal target assolutamente rilevante.

Come mai questo?

Bhè, le persone esuberanti e facili alla battuta, alla comunicazione, alla simpatia sono esseri con una comunicazione UNIDIREZIONALE: voglio dire, non sono in grado di valutare le reazioni dei propri interlocutori perchè impegnati in quel piccolo grande show personale che è conquistarli umanamente. In poche parole capita a chi è troppo sicuro di sè nei rapporti interpersonali che la persona al centro della comunicazione sia il sè stesso, perdendo per strada desideri, esigenze, paure, comunicazioni indirette del mio interlocutore-cliente; che magari poi qualcosa compera lo stesso, spinto certo dalla mia esuberanza e dalla mia inoppugnabile simpatia trascinante, ma spesso si tratterà di un ordine di impatto economico medio/basso e di aver lasciato nel cliente la sgradevole sensazione di essere non un professionista del commercio ma un giullare imbonitore (naturalmente non sto dicendo che TUTTI gli estroversi spigliati facciano così, sto solo dicendo che NON TUTTI quelli che sembrano grandi comunicatori grazie ad una carica simpatica elevata diventano in automatico grandi venditori).

Le persone più introverse, invece, hanno dalla loro parte un vantaggio comunicazionale immenso: si mettono sempre “fuori fuoco” rispetto al loro cliente/interlocutore e proprio per questo riescono a tirare fuori da lui esigenze, paure e tutto quanto possa essere utile a proseguire l’azione di vendita. Proprio perchè il “timido” (passatemi il termine, tanto per intenderci) è restìo a porsi davanti ad un’altra persona, soprattutto se cliente, lascia tutto il palcoscenico della trattativa di vendita al cliente, che poi è in effetti l’unico che dovrebbe comandare durante un colloquio di vendita; riesce a far uscire le esigenze più nascoste, riesce a far sentire il cliente al centro del colloquio, ha risposte brevi, efficaci e funzionali alla vendita, proprio perchè non vuole fare il suo show con il cliente, ma defilarsi il più possibile lasciando cliente e prodotto al centro dell’incontro. E conclude meno affari ma assai più remunerativi dal punto di vista economico e delle relazioni durature.

[Tweet “si mettono sempre “fuori fuoco” rispetto al loro cliente”]

Ancora una volta non sto dicendo che TUTTI i timidi introversi siano grandi venditori, solo che anche chi si sente timido e non portato alla vendita possiede potenzialità da coltivare e non deve sentirsi abbattuto dalla propria ipotetica incapacità di vendere.

Insomma, se è vero che i dati tecnici si possono imparare,  anche a comunicare si può imparare. E non è detto che quel collega che io tanto invidio e ammiro, quello sempre pronto con la battuta spiritosa e l’approccio facile sia poi quello più bravo a vendere ed a portare fatturato.

E voi? esuberanti o timidi? lasciate le vostre esperienze e le vostre impressioni qui sotto…..


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2 Comments

  1. Paolo
    13 Ottobre 2015 at 12:13

    Io invece non ho nessu timore verso il cliente, sono abbastanza a mio agio.
    Resto però molto titubante nella fase di chiusura. Insomma quando devo passare alla fase del “firmi qui” ho un po’ di difficoltà. Secondo voi posso farci qualcosa?
    Non è che non mi fido del prodotto o che sto cercando di fregare il cliente, sono proprio io che mi sento in difficoltà a passare dal colloquio alla firma.

  2. Roberto R.
    10 Ottobre 2015 at 13:45

    Io timido: anche solo andare dal cliente la prima volta mi crea ansia e difficoltà.
    Non avrei mai pensato che chi si sente in imbarazzo con i clienti possa essere un buon venditore. Cosa potrei fare?

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