La competenza non si improvvisa

 

Il 15 gennaio 2009 New York si sveglia coperta dalla neve e come immaginabile il traffico aereo va in tilt. 
Nonostante tutto, alle 15.24, il volo 1549, un Airbus A320 pilotato dal
comandante Chesley Sullenberger e dal primo ufficiale Jeffrey Skiles, lascia l’Aeroporto LaGuardia diretto all’aeroporto Internazionale di Charlotte-Douglas, in Carolina del Nord.

A bordo ci sono 150 passeggeri e 5 membri dell’equipaggio. 

Il decollo avviene ad opera del copilota Jeffrey Skiles, 49 anni, che da poco ha ricevuto l’abilitazione a pilotare la classe di aeroplani su cui si trovava.

Alle 15.27, ancora in fase di salita, l’aereo, oltre al maltempo, trova sulla sua rotta uno stormo di oche canadesi. L’impatto è disastroso; alcuni volatili vengono risucchiati dai motori che immediatamente perdono potenza fino a spegnersi.
L’aereo senza spinta propulsiva incomincia ad abbassarsi di quota.

Il dialogo che viene registrato tra i due piloti in quei fatidici istanti è telegrafico:

Skiles:
“Uccelli!”

Sullenb.:
“Cavolo…”

rumore
di fondo dovuto all’impatto con i volatili

Sullenb.:
“Prendo il comando”

Skiles:
“Ha il comando”

Il capitano lancia l’allarme alla torre di controllo:

Sullenb.
“Mayday Mayday Mayday. Volo 1549, uccelli colpiti, abbiamo perso spinta in entrambi i motori, stiamo tornando verso LaGuardia”

Gli addetti alla torre immediatamente si mobilitano per gestire l’emergenza: viene dato l’ok per l’atterraggio in una pista del LaGuardia, diramata l’emergenza a tutto lo scalo, ma dopo una rapida ed istintiva valutazione il capitano
risponde con un laconico:

Sullenb.
:“unable”

La torre di controllo a questo punto chiede dove pensa di atterrare e il capitano, intento a trovare una soluzione alla drammatica situazione, risponde che forse non ce la faranno ad atterrare su una pista e aggiunge:

Sullenb.
: “Non ce la facciamo – forse finiremo nell’Hudson”

Addetto
Torre : “
Mi scusi, può ripetere?”

Altro
addetto Torre :”Credo intenda che atterrerà nell’Hudson…”

Sullenb.
: “qualche altra idea?”

Sullenb.
: “Ci stiamo preparando.”

La decisione

Il capitano ha preso la sua decisione. All’equipaggio e ai passeggeri, senza alcun giro di parole, annuncia un perentorio “prepararsi all’impatto!”

Alle 15.30 il volo 1549 riesce nell’ammaraggio senza gravi danni alla fusoliera; passeggeri ed equipaggio sono tutti salvi.

Il volo dell’A320 è durato 6 minuti; soli 3 minuti e mezzo separano il momento dell’impatto con lo stormo di uccelli e l’ammaraggio.

Proviamo a pensarci bene. Sei da qualche minuto su di un aeroplano, ad un’altezza di circa duemila metri dal suolo, ma ancora devi salire per raggiungere la quota di volo. 

Stai supervisionando l’attività del tuo compagno di volo meno esperto e in un attimo l’adrenalina va alle stelle: l’impatto improvviso con le oche, i motori si bloccano, l’aereo inizia a perdere quota. 

Istantaneamente la paura prende il sopravvento: all’orizzonte ti appare il volto della morte.

Il capitano Sullenberg, nonostante tutto, sembra impassibile, deciso; con freddezza estrema prende i comandi. 

In circa 200 secondi lancia il MAYDAY, valuta la possibilità offerta dalla torre di controllo di rientrare al LaGuardia ed atterrare sulla pista 13; la scarta. 

Sonda la possibilità di atterrare in un altro aeroporto vicino, possibilità accordata, ma lui nuovamente dopo un istante di riflessione la scarta. 

Decide allora che l’unica possibilità è il fiume, lo comunica agli assistenti di volo a terra e punta l’aereo lì! Il tutto
mentre a bordo si eseguono complesse procedure di emergenza.

Tutto in soli 200 secondi.

Una manciata di secondi in cui vengono prese decisioni drammatiche; nel frattempo l’adrenalina è a mille e il panico ci assale. 

Si, perché nonostante la freddezza mostrata, il capitano ha dovuto fare i conti con il suo tumulto interiore; l’indizio lo si è  colto in un piccolo dettaglio: al primo contatto
radio con la torre di controllo, Sullenberg sbaglia a comunicare il numero del
volo (dice 1539 invece che 1549 – nel dialogo che abbiamo riportato sopra, per semplicità lo abbiamo indicato correttamente come 1549). E’ un segnale che ci
prova che il capitano non ha agito da automa perfettamente logico, esente da influenze emotive. 

Sullenberg è un essere umano come tutti noi.

 

 

Qualcuno potrebbe essere tentato di spiegare il lieto fine di questa drammatica vicenda in modo semplicistico, appellandosi alla buona sorte. In fondo, potremmo
pensare, il capitano ha avuto solo una grossa dose di fortuna. 

Il filosofo Seneca, però, circa un paio di millenni fa ci ha insegnato che: “la fortuna non esiste: esiste il momento in cui il talento incontra l’opportunità”.

La buona sorte aiuta, vero, ma quello che, in quei drammatici istanti, ha messo a in atto Il capitano Sullenberg è stata una competenza costruita con pazienza e passione in anni di attività; come lui stesso ha avuto modo di sottolineare durante
un’intervista:
 
Ho fatto piccoli e regolari depositi nella banca dell’esperienza, dell’istruzione e formazione. Il 15 gennaio il saldo era sufficiente per poter effettuare un

prelievo molto consistente.

 

Cosa possiamo imparare da questa storia a lieto fine e dal suo protagonista?

Due premi nobel ci possono dare una mano. Daniel Kahneman descriverebbe la capacità
messa in atto in quel drammatico frangente da Sullenberg come “intuizione esperta”, ovvero come una capacità che viene appresa attraverso ripetute esperienze in cui si fa tesoro sia dei feedback sugli errori commessi che sulle azioni che hanno funzionato. In pratica, ogni volta che facciamo esperienza,
sia in modo diretto che indiretto, il cervello prende nota di ciò che accade e lo archivia. 

Successivamente, quando ci imbattiamo in qualcosa di simile, il
nostro cervello automaticamente riconosce questi schemi presenti nella memoria 
e mette in atto le scelte conseguenti. Kahneman infatti definisce l’intuizione 
come il “riconoscimento” di schemi immagazzinati nella memoria.

L’intuizione quindi funziona? Dipende con quanta accuratezza sono stati costruiti questi schemi.

 

Un altro premio nobel, Herbert Simon, nella sua autobiografia, illustra un ile in maniera più chiara:

Una caratteristica essenziale dell’esperienza è la capacità di riconoscere un numero molto elevato di segnali specifici rilevanti quando sono presenti in una data situazione e quindi di recuperare dalla memoria informazioni su come
agire.

Grazie a questo bagaglio di conoscenza e a questa capacità di riconoscimento, gli esperti possono rispondere a nuove situazioni molto rapidamente e con notevole precisione. […] 

Di solito usiamo la parola “intuizione”, a volte anche “giudizio” o
“creatività”, per riferirci a questa capacità delle persone esperte
di rispondere a situazioni, nei loro domini di competenza, in modo quasi istantaneo e relativamente accurato.
 [….] 

Un decision maker di esperienza, prima di prendere una decisione, ha a sua disposizione una lista di dettagli a cui prestare attenzione”. 

Per questo “la differenza sostanziale tra un persona con esperienza e  un principiante nell’atto di prendere una decisione non è”, come siamo portati a pensare, “qualcosa di intangibile. […] 

Se potessimo scoperchiare la testa di un decisore esperto e guardarci dentro, troveremmo che ha a disposizione un enorme repertorio di azioni possibili; che a un checklist da controllare prima di agire;  che ha degli automatismi mentali a cui attingere e portare alla coscienza quando il momento lo richiede.

 

Quello che è emerso riguardo ai due protagonisti del volo 1549 è che avevano tutta l’esperienza, la competenza e l’addestramento necessari per condurre il velivolo con la massima padronanza (nonostante il co-pilota Skiles avesse ricevuto da poco l’abilitazione per questa classe di aerei). 

Un abilità che, nel caso di Sullenberg, era stata acquisita su una grande varietà di mezzi, compresi gli alianti. 

Ed infatti è quello su cui alla fine il capitano punterà! 

Forzando i sistemi di volo, riuscirà a portare sul fiume Hudson un A320 facendolo volare con la stessa tecnica che viene impiegata per il volo di un aliante.

La sua competenza li ha salvati tutti.

 

Come ebbe a dire l’inventore A.G. Bell: “ Prima di ogni altra cosa, la preparazione è la chiave del successo.” Non ci sono scorciatoie.
Non è una novità… ma come dicevano i nostri avi “repetita iuvant”.

 

“Mia madre era un’insegnante delle scuole elementari. E’ grazie a lei che per tutta la vita ho avuto una forte curiosità intellettuale, l’amore per la lettura e per l’apprendimento. “

(capitano  Chesley Sullenberger)

 

“Una delle cose che ho insegnato ai miei figli è quella di aver
sempre investito in me stesso, di non aver mai smesso di imparare, di non aver mai smesso di crescere.”

(capitano  Chesley Sullenberger)

 

La competenza ci rende capaci di decisioni vincenti.

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